Come Parigi ha armato i dittatori d’Egitto


Mentre il mondo intero piange le vittime dei feroci attentati terroristici di Parigi, l’opinione pubblica francese s’interroga sulle ragioni dell’inefficienza dei servizi d’intelligence e sui reali risultati della guerra “preventiva” condotta sino ad oggi dal governo Hollande contro l’Isis in Iraq e Siria. Solo pochi commentatori hanno però posto in discussione la nuova spinta interventista della diplomazia militare francese in buona parte del continente africano, le dispendiose e infruttuose campagne anti-terrorismo in Libia, Sahel e Corno d’Africa e, soprattutto, le controverse alleanze strette con alcuni dei regimi africani più antidemocratici.

 

Negli ultimi due anni ad esempio, il complesso militare industriale e finanziario transalpino è divenuto uno dei maggiori esportatori di sistemi di guerra avanzati al regime egiziano guidato del generale-presidente Abdel Fattah al-Sisi. In particolare, a seguito della decisione dell’amministrazione Usa di congelare gli “aiuti” militari all’Egitto dopo il colpo di stato dell’ottobre 2013 e il conseguente giro di vite contro oppositori, difensori dei diritti umani e intellettuali, la Francia si è accaparrata una parte rilevante del mercato d’armi egiziano, caratterizzato da una domanda crescente per il diretto coinvolgimento delle forze armate nel conflitto libico, in Yemen e nella repressione interna in Sinai contro alcune formazioni ribelle ritenute vicine all’Isis.

 

È di oltre sette miliardi di euro il valore dei sistemi d’arma trasferiti sino ad oggi all’Egitto del generale al-Sisi. L’affare più redditizio è stato sottoscritto a metà febbraio e riguarda la vendita di 24 cacciabombardieri Dassault Rafale (16 monoposto e 8 biposto) che dovranno sostituire i “vecchi” Mirage 2000-9 e migliorare la potenza di fuoco e la versatilità dell’aeronautica militare egiziana. I primi tre esemplari del cacciabombardiere sono stati consegnati in tempi record mentre altri tre veicoli giungeranno al Cairo entro la fine dell’anno. Questi Rafale provengono da uno stock che l’azienda Dassault aveva prodotto per l’Armèe de l’Air e stando a quanto dichiarato dai manager francesi i velivoli sono stati consegnati solo dopo la “rimozione” delle componenti che consentono il trasporto di testate nucleari e i link con le comunicazioni in ambito Nato. I restanti 18 velivoli verranno consegnati da Dassault entro la fine del 2018. L’azienda si è inoltre incaricata della formazione in Francia dei piloti egiziani. I nuovi Rafale equipaggeranno il 203° squadrone dell’aeronautica e saranno armati con i missili MBDA Mica aria-aria, Sagem Hammer aria-suolo e con il missile da crociera MBDA Scalp. Il contratto per un valore di 5 miliardi e 200 milioni di euro ha incluso pure la consegna alla marina militare egiziana di una fregata multiruolo tipo FREMM (la “Normandie” poi “Tahya Misr”) realizzata nei cantieri navali del gruppo DCNS. La nuova fregata è stata armata con i missili antiaerei Aster 15, da crociera MBDA Scalp Naval, antinave Exocet MM40, con siluri MU90, cannoni Oto Melara da 76 millimetri SR e da 20 millimetri Nexter Narwhal. Il varo dell’unità è avvenuto in occasione dell’inaugurazione del “nuovo” Canale di Suez, lo scorso 5 agosto.

 

“Vendere aerei da guerra a una dittatura in Medio Oriente non è un atto responsabile e non contribuirà alla pace nella regione”, ha scritto il settimanale Le Nouvel Observateur, unico organo di stampa a criticare pubblicamente il governo Hollande per il beneplacito all’export dei cacciabombardieri a lungo raggio (senza capacità nucleare?) e della FREMM multiruolo. “Il contratto per i Rafale e la FREMM all’Egitto sembra indicare un riposizionamento di Parigi nei confronti del Qatar, grande acquirente di armi francesi e investitore finanziario in Francia che sostiene Fratelli Musulmani in Egitto e milizie jihadiste in Sahel e Libia”, rileva il periodico online Analisi Difesa. “A sostegno dell’Egitto di al-Sisi vi sono Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, anch’essi grandi clienti di armi francesi (Ad Abu Dhabi la Francia mantiene da diversi anni una base militare) e grandi rivali del Qatar nella gestione delle cosiddette primavere arabe”. Un’operazione commerciale spregiudicata, dagli esiti diplomatici tutt’altro che scontati quella di Parigi.  Proprio le tensioni tra Qatar, Arabia Saudita ed Emirati per la leadership economica, politica, culturale e religiosa nel mondo arabo hanno avuto pesanti riflessi sui conflitti che insanguinano Nord africa e Medio oriente, senza dimenticare poi le responsabilità - documentate - di questi regimi nel sostegno diretto, indiretto e/o finanziario dei gruppi islamico-radicali affiliati alle costellazioni di al-Qaida e dell’Isis.

 

Il 24 settembre 2015 il governo francese ha annunciato inoltre che l’Egitto acquisterà le due portaelicotteri da assalto anfibio “Mistral” che erano state realizzate nei cantieri navali di Saint-Nazaire per la marina militare russa ma il cui contratto era stato annullato a seguito dell’embargo decretato dall’Unione europea per la crisi in Ucraina. Per le due unità navali il governo egiziano spenderà non meno di 950 milioni di euro e la consegna sarà effettuata entro il marzo 2016. Come avvenuto con i caccia Rafale e la fregata FREMM, per i pagamenti il generale al-Sisi potrà attingere dal fondo multimilionario “contro il terrorismo” messo a disposizione a favore dell’Egitto da Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti. Le “Mistral” sono unità da quasi 20.000 tonnellate, con grandi capacità anfibie ed elicotteristiche e consentiranno alla marina egiziana di proiettare il proprio raggio operativo a tutto il Mediterraneo, al Corno d’Africa e alle coste dello Yemen. “Le Mistral contribuiranno alla lotta per sradicare il terrorismo perché la marina potrà accrescere il numero delle opzioni nella guerra marittima e nell’individuazione di target costieri”, ha commentato il generale Mohammed Abdullah Shihawi dell’Accademia militare egiziana “Nasser”. Secondo alcuni analisti, sulle due unità da guerra potrebbero essere schierati una cinquantina di elicotteri da combattimento Kamov Ka-52 Alligator di produzione russa.

 

Il 28 settembre 2015, le agenzia di stampa hanno reso noto che l’azienda francese Sagem (Gruppo Safran) ha sottoscritto un accordo commerciale con il produttore egiziano Aoi-Aircraft Factory per la produzione di sistemi di sorveglianza del tipo Uav (Unmanned aerial vehicle, cioè aerei o sistemi senza pilota a controllo remoto). In particolare, l’azienda egiziana s’incaricherà dell’assemblaggio del drone tattico a lunga autonomia “Patroller”, in grado di gestire un ampio spettro di missioni militari come la sorveglianza marittima, terrestre e la “sicurezza interna” per un raggio operativo di oltre 20 ore. Aoi-Aircraft Factory svilupperà un centro di formazione in Egitto, destinato ai futuri piloti e tecnici per la manutenzione dei droni.

 
Nel 2014, il governo francese aveva autorizzato la vendita alla marina egiziana di quattro corvette tipo “Gowind” per un costo di un miliardo di euro circa, con l’opzione per due ulteriori unità. La consegna della prima corvetta avverrà nel 2017, mentre le altre tre saranno realizzate nei cantieri egiziani di Alessandria tra il 2018 e il 2019. Lunghe 100 metri, le “Gowind” imbarcheranno un equipaggio di 65 persone e un elicottero medio e saranno armate con cannoni Oto Melara 76/62 Super Rapido, cannoncini da 20 millimetri Reutech, missili antinave MBDA MM 40 Block 3 Exocet, MBDA VL MICA antiaerei e siluri DCNS MU90. Per questi sistemi da combattimento l’Egitto dovrà spendere altri 3-400 milioni di euro; per la gioia del governo Renzi e del complesso militare-industriale italiano, parte delle commesse per missili e cannoni andranno anche ad aziende controllate o partecipate dalla holding Finmeccanica.

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