No Muos, giornalismo embedded alle Hawaii


Quando lo scorso 10 feb­braio pub­bli­cammo sul mani­fe­sto l’articolo «Muos: per noi niente viag­gio pre­mio?» pen­sa­vamo di sol­le­vare un caso. Era infatti giunta l’anticipazione che il Dipar­ti­mento di Stato Usa aveva invi­tato i gior­na­li­sti delle mag­giori testate ita­liane ad andare a visi­tare i Muos già fun­zio­nanti in Vir­gi­nia e alle Hawaii, per dimo­strare come fos­sero del tutto inno­cui. Un’operazione di “ritorno di imma­gine” pen­sata per otte­nere buoni arti­coli e ser­vizi sui media in vista della discus­sione dei ricorsi al TAR di fine marzo, e del pas­sag­gio della que­stione Muos al Senato, avve­nuta la scorsa set­ti­mana. Il tutto pen­sando alla pros­sima accen­sione dell’impianto.

Era­vamo però certi che i gior­na­li­sti invi­tati non sareb­bero stati così impru­denti da accet­tare un invito così com­pro­met­tente, che de facto li tra­sfor­mava in «embed­ded». Sarebbe poi stato sem­plice infor­marsi sul fatto che la legi­sla­zione sta­tu­ni­tense sulle onde elet­tro­ma­gne­ti­che è 100 volte più per­mis­siva di quella ita­liana, non tute­lando le popo­la­zioni dagli effetti a lungo ter­mine delle radia­zioni, e che quindi – pro­ba­bil­mente – i Muos ame­ri­cani rispet­tano i limiti delle «loro» leggi, cosa del tutto indi­mo­strata per quello sici­liano. È poi banale che, se di effetti a lungo ter­mine si parla, que­sti sono per ora invi­si­bili per appa­rati in fun­zione da pochis­simo tempo, e che quindi l’intervista alle fami­gliole ame­ri­cane non ha alcun signi­fi­cato. Poi, gli impianti ame­ri­cani sono all’interno di basi mili­tari e sono sfug­giti all’attenzione della popo­la­zione, che ha comun­que fidu­cia nelle isti­tu­zioni. In Sici­lia invece, il Muos si trova nel Parco della Sughe­reta Natu­rale di Niscemi e l’intera popo­la­zione sici­liana, l’Assemblea Regio­nale, quat­tro con­si­gli pro­vin­ciali, decine di con­si­gli comu­nali, hanno più volte affer­mato il loro no a quest’opera, chie­dendo al governo ita­liano e ai due governi regio­nali di revo­care le auto­riz­za­zioni. Infine, bastava – dopo il viag­gio a spese del con­tri­buente ame­ri­cano – sen­tire magari anche qual­cuno degli stu­diosi ita­liani che da anni si occu­pano di que­sto argo­mento e che sono a por­tata di telefono.
Era­vamo certi, ma ci sba­glia­vamo: il viaggio-premio si è svolto nella più asso­luta nor­ma­lità e nes­suno degli invi­tati ha tro­vato da ridire. Gli arti­coli pro-Muos fioc­cano, e salvo in un caso, nes­suno ha sen­tito la neces­sità di chie­dere con­ferma, ad esem­pio, se le belle sto­rie rac­con­tate dal dott. Oet­ting, ricer­ca­tore a capo del pro­getto Muos, cor­ri­spon­des­sero a verità. I silenzi inte­res­sati dei grandi net­work edi­to­riali e radio­te­le­vi­sivi si sono così risolti, in un certo modo: forse dove­vamo aspettarcelo.

Articolo pubblicato con Massimo Zucchetti in Il Manifesto del 17 marzo 2014

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