Quella portaerei, di nome Sicilia

I marines di Sigonella, l'aviazione italiana di Trapani, i depositi di munizioni di Augusta, gli hangar di Pantelleria e i centri radar e logistici sparsi per l'isola. Ecco le infrastrutture e le armi usate nelle operazioni militari in Libia.

Tre scali aerei, i porti, numerose postazioni radar, depositi di munizioni e carburante. Il conflitto scatenato contro la Libia ha trasformato la Sicilia in un’immensa portaerei da dove decollano 24 ore al giorno i caccia e gli aerei-spia della variegata coalizione multinazionale anti-Gheddafi. Il cuore di buona parte dei raid pulsa tra le decine di comandi ospitati a Sigonella, alle porte di Catania, la principale stazione aeronavale delle forze armate statunitensi nel Mediterraneo. A Sigonella vivono quasi 5.000 marines che hanno combattuto negli scacchieri di guerra mediorientali e africani, nei Balcani e in Caucaso. Dal 2004 ospita il Combined Task Force 67, il comando che sovrintende alle operazioni delle forze aeree della Marina USA, come i cacciaintercettori F-15, i pattugliatori marittimi P3-C “Orion”, i velivoli di sorveglianza elettronica EP-3E e per il rilevamento dei segnali radar EA-18G “Growlers”, questi ultimi determinanti per annientare le postazioni della contraerea libica.

Lo scalo offre il supporto tecnico-logistico e il rifornimento munizioni e carburante agli aerei a decollo verticale V-22 “Ospreys” e agli elicotteri d’assalto CH-46 “Sea Knight” e CH-53E “Super Stallion” del Corpo dei marines, imbarcati sulle unità che assediano la costa nordafricana, e ai 15 cacciabombardieri F-15, F-16 e B-2 (gli “aerei invisibili”) che l’US Air Force ha trasferito nel Canale di Sicilia. Da Sigonella partono anche gli aerei cisterna KC-130 e KC-135 utilizzati per il rifornimento in volo dei velivoli impegnati nei raid. Oltre ai mezzi statunitensi, dalla base sono operativi sei caccia F-16 dell’aeronautica danesi, a cui potrebbero aggiungersi gli intercettori di Canada, Norvegia e Spagna. Coinvolti nella missione in Libia sono infine i reparti USA schierati stabilmente a Sigonella, come l’Helicopter Combat Support Squadron HC-4, il Fleet Logistic Support Squadron VR-24 e il 25° Squadrone Antisommergibile della US Navy. Un cocktail di strumenti di morte a cui l’aeronautica militare italiana non fa mancare il suo contributo: a nove pattugliatori “Atlantic” del 41° Storno antisommergibile è stato affidato infatti il controllo dello spazio aereo e marittimo prospiciente del Mediterraneo centrale.

La cosiddetta operazione Odissey Dawn ha però il pregio di offrire una concreta opportunità per sperimentare sul campo i nuovi aerei senza pilota UAV “Global Hawk” che l’US Air Force ha iniziato a dislocare a Sigonella nell’ottobre 2010 in vista della sua trasformazione in “capitale internazionale” dei giganteschi aerei utilizzati per lo spionaggio e la direzione degli attacchi, convenzionali e nucleari, contro ogni possibile obiettivo nemico in Europa, Asia ed Africa. Stando ai piani del Pentagono, nella base siciliana dovrebbe operare entro il 2012 un plotone di 4-5 “Global Hawk”, mentre altri 5 velivoli UAV potrebbero essere assegnati entro anche ai reparti della Marina USA presenti in Sicilia. A questo fine si sta realizzando un enorme complesso per la manutenzione dei “Global Hawk”, un programma considerato “strategico” dal Dipartimento della difesa, e i cui lavori multimilionari sono stati appaltati alla CMC di Ravenna (Legacoop). La NATO, da parte sua, nel febbraio 2009, ha scelto la stazione aeronavale quale “principale base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema di sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. Entro il 2014, giungeranno a Sigonella 800 militari, sei velivoli “Global Hawk” di ultima generazione e le stazioni fisse e trasportabili progettate per supportare il dispiegamento in tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale delle unità terrestri, aeree e navali della Forza di Risposta (NRF) della NATO.

Scalo di dimensioni più ridotte ma di uguale importanza strategica per la guerra alla Libia è quello di Trapani-Birgi. Sede dal 1984 ospita della NATO Airborne Early Warning and Control Force dotata dei velivoli radar Awacs, Trapani-Birgi ospita i cacciabombardieri F-16 del 37° Stormo dell’Aeronautica militare italiana, disponibili per le intercettazioni aeree e il bombardamento di obiettivi terrestri. È in questo scalo che il ministro della difesa La Russa ha fatto confluire i “gioielli” di morte destinati al fronte libico: quattro caccia “Tornado” del 50° Stormo di Piacenza nella versione Ecr (specializzati nella guerra elettronica e nella distruzione delle difese aeree), e due “Tornado” Ids del 6° Stormo di Ghedi per il rifornimento in volo e/o l’attacco contro target terrestri. A secondo della missione, i “Tornado” possono essere armati con i missili “anti-radar” Agm-88 Harm, con gli aria-aria Aim-9 e con gli aria-suolo “Storm Shadow”, questi ultimi con caratteristiche Stealth, una testata esplosiva perforante in grado di distruggere bunker protetti ed una gittata di circa 500 km. A Trapani sono pure atterrati i caccia supersonici Eurofighter 2000 “Typhoon” del 4° Stormo di Grosseto, velivoli con una bassa superficie riflettente al radar e forniti di missili aria-aria a guida infrarossa “DiehIris” per l’attacco ravvicinato ed Aim 120 per bersagli a 40 km di distanza. Completano lo schieramento quattro cacciabombardieri F-18 dell’aeronautica militare canadese, tra i più impegnati nei bombardamenti.

Tutti i velivoli della coalizione possono utilizzare in qualsiasi momento le due piste di volo e il mega-hangar “Pier Luigi Nervi” ricavato all’interno di una collina dell’isola di Pantelleria - la postazione più avanzata di Odissey Dawn - capace di ospitare sino ad una cinquantina di aerei da guerra. Nello scalo sono stati completati di recente i lavori di ampliamento delle piste e di ristrutturazione dell’aerostazione che ha assunto un ruolo chiave nelle attività anti-migranti. D’importanza strategica pure alcuni impianti radar disseminati in Sicilia, a partire dal centro di Mezzogregorio (Siracusa), a cui è assegnato il compito di elaborare le informazioni raccolte da aerei, unità navali e dalle squadriglie radar dell’Ami presenti nell’isola di Lampedusa e a Marsala. I dati vengono poi trasferiti al Comando operativo delle forze aeree (COFA) di Poggio Renatico (Ferrara), il più grande centro di intelligence delle forze armate in Italia. Il Dipartimento della difesa USA può contare invece sui sofisticati sistemi di telecomunicazione di Sigonella e sulla stazione di Niscemi (Caltanissetta), dove sorgono una quarantina di antenne a bassissima frequenza per la trasmissione degli ordini di attacco ai sottomarini a propulsione nucleare. Tre di questi, in immersione nel Mediterraneo, hanno già lanciato contro la Libia decine di missili da crociera “Tomahawk” contenenti al proprio interno uranio impoverito. La centralità di Niscemi nell’assetto delle comunicazioni belliche è destinato a crescere: la base è stata prescelta per ospitare una delle quattro stazioni mondiali del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare USA, il cosiddetto “MUOS”, la cui emissione di microonde comporterà insostenibili rischi per la salute e la sicurezza della popolazione locale.

Ad assicurare le operazioni di rifornimento delle navi da guerra e dei sottomarini statunitensi, italiani e dei paesi partner è la base navale di Augusta (Siracusa), in una delle aree a più alto rischio ambientale d’Italia per la presenza di raffinerie, industrie chimiche, depositi di armi, ecc.. Augusta è classificata in ambito militare quale NATO facility ed è utilizzata dall’Alleanza atlantica e dalla VI Flotta USA per lo stoccaggio delle munizioni e deposito POL (petrolio, nafta e lubrificanti). Decine di elicotteri da trasporto fanno da ponte con la vicina base Sigonella, sorvolando popolati centri urbani. I morti di questa guerra sono invisibili. Gli angeli sterminatori, no.

Articolo pubblicato in Left - Avvenimenti, n. 12 del 25 marzo 2011

Commenti

Post più popolari