Uruguay, paese degli ecomostri

Intellettuali, artisti ed ambientalisti uruguaiani a fianco degli abitanti delle cittadine di Colonia Agraciada e Nueva Palmira per dire “No” all’installazione sul Rio Uruguay di due complessi portuali insostenibili dal punto di vista socio-ambientale. Gli scrittori Eduardo Galeano, Mario Delgado Aparaín e Ignacio Martínez e i musicisti Leo Masliah e Daniel Viglietti sono i primi firmatari di un appello alle autorità della Repubblica Orientale d’Uruguay per chiedere la sospensione dei lavori per un megadeposito di milioni di tonnellate di carbone e ferro della transnazionale mineraria “Río Tinto” e di un terminal petrolifero della società “Cartisur”.

“Respingiamo l’installazione di due nuovi porti privati nelle rive del fiume Uruguay”, scrivono i firmatari dell’appello. “Non mancano gli studi scientifici per comprendere che la trasformazione della nostra riviera in un deposito di ferro, carbone, combustibili e cellulosa, con un transito permanente di navi transatlantiche, mette a rischio la produzione rurale, la pesca, l’apicultura, il turismo e il rifornimento di acqua potabile per tutta la popolazione, oltre a costituire elemento di distruzione della rete sociale e dell’identità culturale. Siamo Coscienti che non si tratta di un problema locale; i due progetti riflettono invece un modello di sviluppo irrazionale che avvantaggia solo i monopoli stranieri che hanno come unico obiettivo quello di estrarre le risorse dal nostro continente al minor costo possibile”.
 
Il primo dei programmi all’indice di ambientalisti ed intellettuali è il complesso portuale del gruppo anglocanadese Río Tinto a Colonia Agraciada, cittadina a 260 chilometri dalla capitale Montevideo.Si tratta di uno dei più devastanti progetti previsti per il Cono Sud dell’America Latina. Nell’impianto che sorgerà nel dipartimento di Soriano sarà depositato il ferro proveniente dalla miniera che la stessa Río Tinto possiede nella città brasiliana di Corumbá, Mato Grosso del Sud.
Il materiale ferroso arriverà in Uruguay su speciali chiatte attraverso una rotta fluviale di oltre 2.800 chilometri, via Paraná, Paraguay ed Uruguay. Nel nuovo porto di La Agraciada sorgeranno pure le aree per lo stoccaggio dell’acciaio prodotto dal polo siderurgico che la Río Tinto possiede nei pressi della località mineraria di Corumbá e del carbone estratto in Australia e Sudafrica e destinato alle acciaierie brasiliane.
 
Le quantità di minerali che si conta di movimentare tra il Brasile e l’Uruguay sono gigantesche. Attualmente si estraggono dalle miniere a cielo aperto di Corumbá, 2 milioni di tonnellate di minerale di ferro all’anno, ma grazie ad un’operazione finanziaria di circa 2,15 miliardi di dollari, la Río Tinto prevede di estrarre e trasportare, via fiumi, 10 milioni di tonnellate entro il 2010. Nei cinque anni successivi, si punterà al trasporto di 23,2 milioni di tonnellate di prodotto, valore undici volte superiore a quello odierno. Più incerta invece la quantità di carbone che dall’Uruguay risalirà sino a Corumbá. Ma la società anglo-canadese sta investendo un miliardo di dollari per il potenziamento del polo siderurgico in Mato Grosso e l’intera produzione verterà sulla combustione di carbon fossile. Gli interventi previsti in Uruguay avranno gravissime conseguenze sull’ecosistema locale. Saranno dragati canali, modificati l’alveo fluviale e sbancate aree collinari e spiagge. Buona parte delle infrastrutture sorgeranno nei pressi del delta del torrente Agraciada, area in cui vivono numerose specie di uccelli e di fauna terrestre protette.
 
Altrettanto devastante il progetto relativo alla realizzazione di un terminal per l’immagazzinamento di prodotti petroliferi in uno dei canyon più belli del Río Uruguay, la “Barranca de los Loros”. Più specificatamente la società Cartisur prevede l’installazione di 8 serbatoi che conterranno sino a 30.000 metri cubi di petrolio e gasolio. Il terminal petrolifero costerà 20 milioni di dollari e sarà realizzato nella Zona Franca di Nueva Palmira, cosa che esonererà la Cartisur dal pagamento d’imposte per le importazioni ed esportazioni di prodotti petroliferi. La società prevede di realizzare anche 3 depositi per immagazzinare 30.000 metricubi di alcool etilico. Ciò accade mentre la compagnia petrolifera statale uruguaiana ANCAP punta alla produzione di biocarburanti a partire dalla canna da zucchero coltivata nelle regioni nord-occidentali del paese.
 
Le due nuove aree previste da Río Tinto e Cartisur si affiancheranno a tre porti realizzati in questi ultimi anni nel Río Uruguay. Senza dimenticare che il governo di centrosinistra guidato da Tabaré Vázquez ha pure autorizzato la società statunitense “Belwood Company SA” (attraverso la controllata locale “Schandy”), a realizzare in un’area di quattro ettari della Barranca de Los Loros, due banchine e grandi cinte trasportatrici per le operazioni di carico in grandi imbarcazioni di apparecchiature prodotte nella Zona Franca di Nueva Palmira. “Tutto questo accade in una città che è sfornita ancora di sistemi fognari e dove il precario rifornimento di acqua potabile è fatta al lato di uno dei porti più grandi d’Uruguay, dove vengono effettuati gli scarichi delle navi oceaniche”, denuncia l’appello che vede come primo firmatario Eduardo Galeano.
 
Ma il comitato che riunisce intellettuali ed abitanti di Nueva Palmira lancia pure l’allarme su alcuni incidenti verificatisi all’interno degli stabilimenti e delle industrie della Zona Franca. “All’inizio dell’anno, la società “Industria Sulfúrica S.A – Isusa”, produttrice di fertilizzanti, con assoluta negligenza, ha depositato 8.000 tonnellate di zolfo a cielo aperto, poco distante dalle sorgenti del torrente Sauce che sbocca nel Río Uruguay. Nonostante la nostra denuncia, siamo ancora in attesa di potere accedere ai risultati delle analisi del Dipartimento Nazionale del Ministero dell’Ambiente (DINAMA), e verificare così il possibile impatto dello zolfo sull’acqua e il suolo”. Altra fonte di preoccupazione è rappresentata dalle tonnellate di fertilizzanti trasportati “senza le misure di sicurezza adeguate”, e dalla caduta di frammenti nelle acque del fiume durante le operazioni di carico nelle navi da trasporto.
 
“Il fragilissimo equilibrio del Río Uruguay è messo ulteriormente in pericolo dalla crescita del numero delle navi che lo attraversano, dovuto sia all’impianto di Isusa che a quello “Botnia” nella vicina Frey Bentos”, denunciano le associazioni ambientaliste locali. La realizzazione del complesso per la produzione di polpa di cellulosa “Botnia”, ha generato un contenzioso tra Argentina ed Uruguay per manifesta violazione dello Statuto del Río Uruguay, fiume-frontiera fra i due paesi del Cono Sud dell’America Latina.
 
C’è un singolare legame tra alcuni degli ecomostri progettati e/o realizzati nella Zona Franca di Nueva Palmira. Gli studi di fattibilità ambientale presentati dalle diverse transnazionali proponenti, sono stati realizzati dalla Gea Consultores di Montevideo, società che vede attivo il biologo Aramís Latchinian, già direttore DINAMA durante una parte dell’ex governo di Jorge Batlle e odierno membro del consiglio d’amministrazione della compagnia statale ANCAP. Aramís Latchinian fa pure parte dell’equipe tecnica del Centro Studi, Analisi e Documentazione dell’Uruguay (CEADU), ong che implementa nel paese latinoamericano progetti promossi e cofinanziati dall’Unione Europea e dalla Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri d’Italia. E coincidenza vuole che lo stesso CEADU sia ospitato nello studio della Gea Consultores.

Aericolo pubblicato in Agoravox.it il 2 dicembre 2008

Commenti

Post più popolari