Vicenza e le basi militari USA in Italia

«Tutta la vicenda della nuova base militare Usa all’aeroporto Dal Molin ha dimostrato che i cittadini, e le associazioni che in vario modo li rappresentano, sono impreparati ad affrontare un problema di grande rilevanza come la militarizzazione del territorio».

A partire da questa nota degli organizzatori abbiamo sentito uno dei relatori del convegno, il giornalista Antonio Mazzeo, siciliano, che da anni si occupa di inchieste su temi ecologici, militari e sul territorio del sud Italia.

«A Vicenza ho parlato dell’impatto delle basi militari sul territorio e di quella che ho definito la “Vicenza connection” delle basi USA in Italia, cioè del ruolo delle società vicentine nella realizzazione delle infrastrutture militari, a partire delle imprese che lavorano in Sicilia a Sigonella, dove sta per essere installato il sistema di sorveglianza terreste AGS della NATO e più una decina di aerei senza pilota USA Global Hawks, o quelle che hanno appalti per i lavori a Niscemi (CT), che ospiterà la stazione di controllo terrestre del sistema satellitare MUOS (Mobile User Objective System), elemento chiave dei nuovi programmi di guerre stellari.

Queste imprese vicentine sono le stesse, guarda caso, che hanno fatto pressione perché si costruisse la nuova base USA al Dal Molin. Come in Sicilia così a Vicenza la rete della militarizzazione diffusa e talvolta invisibile si sta infittendo e complicando: legami tra imprese, associazioni di categoria, banche, istituzioni politiche e militiari italiane e statunitensi. Il passaggio alla Caserma Ederle dal comando SETAF ad AFRICOM è un esempio, non deve lasciare indifferenti e va analizzato».

In che senso?
«Che Africom sarà determinante nello scenario geopolitico del XXI secolo, e la rete di basi USA in Italia è funzionale in modo estremamente pericoloso. Non va dimenticata inoltre la Eurogendfor (Europeran Gendarmerie Force), la cui scuola di formazione ha sede proprio e ancora a Vicenza presso la ex caserma Chinotto di via Medici. Un centro strategico di formazione di forze militari di tutta Europa e anche di personale militare di tutti i paesi».

Ma di fronte ad uno scenario dove la militarizzazione sta tessendo una rete sempre più fitta, a Vicenza come in altre città d’Italia, cosa vuol dire parlare di riconversione?
«Innanzi tutto è fondamentale, a mio avviso, prendere coscienza di questi processi di militarizzazione in atto. Al movimento per la pace di Vicenza, come a quello italiano, è chiesto di impegnarsi per proporre e attuare processi affinché questi luoghi si trasformino in scuole di pace e di educazione ai diritti umani. Sono questi che dobbiamo esportare, non le armi».
Intervista di Francesco Maule apparsa su “La Voce dei Berici”, domenica 23 gennaio 2011

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