I deliri spaziali delle forze armate italiane

Un lancio senza troppi clamori quello del satellite delle forze armate italiane SICRAL 1B, eseguito lo scorso 20 aprile da una piattaforma mobile posizionata nell’oceano Pacifico, all’altezza dell’Equatore. Forse per la contemporanea tragedia che ha colpito l’Abruzzo, forse per un tardivo senso del pudore dei nostri militari (con la crisi economica, i 350 milioni di euro investiti sono proprio tanti), pochissimi italiani sono stati informati che a 36.000 chilometri dalla terra c’è adesso un secondo satellite da guerra che sfoggia il tricolore, testimonial delle sciocche ambizioni di potenza imperiale di qualche politico e generale.

Il nuovo satellite del programma “SICRAL” (Sistema Italiano per Comunicazioni Riservate e Allarmi) “amplierà le potenzialità di comunicazione in base alle nuove esigenze operative delle forze terrestri, aeree e navali”, fa sapere il Ministero della difesa. “Il sistema – aggiunge - sarà in grado di garantire l’interoperabilità tra le reti della Difesa, assicurando le comunicazioni strategiche e tattiche sul territorio nazionale e nelle operazioni fuori area”. Il SICRAL 1B assicurerà inoltre le trasmissioni delle forze NATO in banda UHF (ultra-high frequency) ed SHF (super high frequency), in base ad un Memorandum firmato nel 2004 da Italia, Francia, Gran Bretagna e Alleanza Atlantica. Se necessario, il satellite supporterà “le comunicazioni nella sicurezza pubblica, nell’emergenza civile e nella gestione e controllo delle infrastrutture strategiche negli interventi della Protezione Civile, delle unità militari intervenute nelle attività di disaster relief”, quasi a volere riaffermare simbolicamente che in tema di terremoti e disastri vige la totale subalternità del civile al militare.
 
La fase di lancio e posizionamento orbitale del satellite è stata coordinata dal Centro Spaziale del Fucino in Abruzzo (megaimpianto di Telespazio Spa con 90 antenne disseminate in una superficie di 370.000 m2); successivamente il controllo del satellite è stato trasferito al Centro Interforze di Gestione e Controllo SICRAL di Vigna di Valle, frazione del comune di Bracciano a pochi chilometri da Roma. Vigna del Valle è uno dei maggiori centri strategici del sistema di guerra nazionale ed alleato. L’installazione “top secret” sorge all’interno di una vecchia infrastruttura dell’Aeronautica Militare, accanto agli impianti del “ReSMA”, il reparto AMI dedito alle “Sperimentazioni Meteorologia”.
 
Dotata di avanzate e complesse tecnologie elettroniche, informatiche e telematiche, la stazione interforze opera in funzione del collegamento ed integrazione tra un centinaio di terminali terrestri, aerei e navali che compongono la principale rete di telecomunicazioni delle forze armate, con diversi sistemi satellitari. Tra essi c’è il SICRAL 1, l’altro satellite militare italiano presente in orbita dal febbraio del 2001, dopo un lancio dal centro spaziale di Kourou, nella Guyana francese. Meno costoso (“solo” 300 milioni di euro) e meno sofisticato del SICRAL 1B, il satellite ha avuto un ruolo chiave nelle operazioni delle forze armate italiane in Iraq e Afghanistan, pur evidenziando qualche “piccolo problema” ai sensori di stabilizzazione. Sino al prossimo anno opererà congiuntamente al nuovo arrivato; poi completerà il suo ciclo vitale per trasformarsi in uno dei tanti relitti ad altissimo rischio ambientale che vagano dello spazio. Andrà meglio – forse - con il SICRAL 1B, progettato per avere una vita operativa di 13 anni. Per continuare a partecipare attivamente e in autarchia alla spasmodica corsa alle “Guerre Stellari”, i vertici della Difesa puntano comunque allo sviluppo e alla realizzazione di una nuova generazione di satelliti, i SICRAL 2, il primo dei quali dovrebbe entrare in orbita per la fine del 2012.
 
Si è dunque di fronte ad una dispendiosissima ossessione spaziale che l’entourage del ministro La Russa giustifica profetizzando incommensurabili ritorni di ordine finanziario per l’economia italiana. Con occhio più attento, si scopre però che d’“italiano” nei sistemi di telecomunicazione satellitare SICRAL c’è poco, molto poco. Il SICRAL 1B è stato realizzato attraverso una “Public-Private Partnership” fra la Difesa e la “Thales Alenia Space Alliance”, un consorzio creato dal colosso dell’industria bellica francese Thales (67%) e da Finmeccanica (33%). Una partnership dove il “pubblico” (dicasteri alla Difesa e allo Sviluppo economico) assume più del 75% dei costi, circa 270 milioni di euro, mentre il “privato” incamera gli eventuali profitti. Con il SICRAL 1B, infatti, Telespazio Spa, joint-venture in mano a Finmeccanica e per un terzo del capitale all’immancabile Thales, potrà vendere circa un quarto della capacità del satellite a clienti istituzionali, quali la NATO, o ad altre nazioni che hanno bisogno di comunicazioni riservate (sino ad oggi si sono fatte avanti Bulgaria, Romania e Sud Africa).
 
“Thales Alenia Space” è ormai una società leader in Europanel settore spaziale, delle telecomunicazioni e dei sistemi radar e vanta ben 11 siti industriali in 4 paesi (Francia, Italia, Spagna e Belgio). È tuttavia nel paese transalpino che sono state realizzate le componenti d’eccellenza del SICRAL 1B. A Cannes sono state fatte pure le prove ambientali del sistema. All’Italia (gli impianti di Torino e L’Aquila) è toccato l’assemblaggio e le operazioni integrative del satellite. Era andata certamente meglio con il satellite di prima generazione. Il SICRAL 1 fu infatti costruito dal consorzio “SITAB”: Alenia Spazio (70%), Avio (20%) e Telespazio (10%). Ancora a Telespazio fu affidata la realizzazione del Centro Interforze di Gestione e Controllo di Vigna di Valle.
 
Non c’è l’ombra di aziende italiane nel sistema di lancio utilizzato per il nuovo apparato militare. La base mobile nell’Oceano Pacifico è gestita infatti dalla “Sea Launch Company”, società con sede a Los Angeles, California, che ha pure curato le operazioni e i test pre-lancio del SICRAL 1. La “Sea Launch Company” è una holding con capitali statunitensi, russi ed ucraini, costituita nel 1995 dai colossi militari mondiali Boeing Commercial Space Co., RKK Energiya, Kvaerner Maritime ASed NPO Yuzhnoye. Di fabbricazione russo-ucraina il vettore che ha portato in orbita il satellite “italiano”, lo Zenit 3SL, frutto di un programma industriale che ha ricevuto ingenti finanziamenti dalla Chase Manhattan Bank (400 milioni di dollari), dalla Banca Mondiale (175 milioni), dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (65 milioni) e dai governi di Russia (100 milioni) ed Ucraina (75 milioni).
Il SICRAL non è l’unico oggetto dei deliri stellari dei militari italiani. C’è ad esempio pure il programma Cosmo SkyMed (Constellation of Small Satellites for Mediterranean basin Observation), avviato congiuntamente all’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, con il lancio, nel biennio 2007-08, di tre satelliti radar per l’osservazione terrestre (il produttore, è ancora una volta, Thales Alenia Space). Rapporto super consolidato quello tra la Difesa e l’agenzia spaziale. “Le forze armate stanno consolidando la loro dimensione spaziale con la collaborazione dell’ASI realizzando mezzi che possano assolvere sia alle esigenze militari e contemporaneamente a quelle civili e alle emergenze ambientali”, ha dichiarato recentemente l’onorevole Marco Airaghi, responsabile del settore spaziale al ministero della Difesa.
 
Il 12 febbraio 2009, il capo di stato maggiore delle forze armate, generale Vincenzo Camporini, e il commissario straordinario dell’agenzia spaziale italiana, Enrico Saggese (già vicepresidente Finmeccanica ed ex amministratore delegato di Telespazio), hanno sottoscritto un nuovo accordo di collaborazione nell’ambito del programma di ricognizione Cosmo-SkyMed di seconda generazione. L’accordo prevede lo sviluppo, la realizzazione e la messa in orbita nel biennio 2014-2015 di “satelliti duali radar SAR” destinati alle forze armate di Italia, Belgio, Francia, Germania, Grecia e Spagna. L’ennesimo programma militare a cui vengono destinati fondi in budget di ministeri nati con ben altre finalità. L’ASI, nello specifico, è un’agenzia che dipende interamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, quello diretto da Mariastella Gelmini.

Articolo pubblicato in Agoravox.it il 22 maggio 2009

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